giovedì, giugno 28, 2012

il petrolio c'è. Ma quanta fatica ci costa?


Di Ugo Bardi

Abbiamo visto ultimamente una serie di commenti sulla stampa e sul web che sostengono che il problema del picco del petrolio non esiste più e non esisterà mai (o perlomeno per tempi molto lunghi). Questo tipo di atteggiamento ricompare costantemente ogni volta che vediamo un abbassamento dei prezzi del petrolio - come è successo nelle ultime settimane.

Sembra in effetti che la memoria storica degli operatori e dei politici non vada oltre qualche mese quando si tratta di prezzi. In realtà, il problema è molto più complesso e non si risolve semplicemente dando un'occhiata ai listini dei prezzi petroliferi. 

Il problema non è la disponibilità di petrolio, ma il costo di estrazione in termini di energia, che diventa sempre più alto. Le nuove tecnologie, molto decantate ultimamente, aiutano ad alleviare il problema ma non lo possono risolvere alla radice. Le cose non sono molto cambiate negli ultimi anni e l'articolo che segue, (di quattro anni fa) è ancora perfettamente attuale nel descrivere i differenti punti di vista fra "abbondantisti" e "catastrofisti".


Riproponiamo in proposito un contributo pubblicato su questo blog il 9 giugno 2008

Ma non avrà per caso ragione Maugeri?


Non molto tempo fa, un mio intervento a un convegno sull'energia a Firenze coincideva quasi esattamente con un'iniziativa parallela dove Leonardo Maugeri, direttore della ricerca e sviluppo di ENI, parlava della stessa cosa: il petrolio.

L'intervento di Maugeri, devo dire, sembrava avere una ben maggiore risonanza del mio. Maugeri parlava nel prestigioso salone dei 500 a Palazzo Vecchio di fronte ai giornalisti e alle telecamere di tutte le reti nazionali. Io parlavo in una sala poco nota dell'ex carcere delle Murate, senza televisioni.

Lungi da me da lamentarmi di questo; per carità! Anzi, fatemi dire subito che considero Leonardo Maugeri una persona seria e preparata; tutt'altra cosa dei tanti pseudo-esperti che concionano sul petrolio senza saperne niente (e non mi fate fare esempi.... beh, ne faccio soltanto uno). Quindi, è cosa buona che la preparazione e la serietà di Maugeri siano premiate dall'attenzione dei media.

La ragione per la quale vi racconto questa storia è che mi era balenato per la testa che, all'incontro in cui intervenivo, qualcuno del pubblico avrebbe potuto alzarsi e domandarmi qualcosa tipo "Caro professore, nel momento stesso in cui lei ci racconta queste cose, il vicepresidente dell'ENI, il dr. Leonardo Maugeri, sta raccontando cose completamente diverse a Palazzo Vecchio. Perché dovremmo dar ragione a lei e non a lui?"

Nella pratica, nessuno mi ha domandato una cosa del genere. Ma siccome mi ero preparato una risposta; penso che potrei passarvela qui nel caso che la domanda sia passata per la testa a qualcuno di voi.

Allora, spero di non far torto a Maugeri se riassumo in una sola frase il concetto di fondo della sua posizione, così come appare, per esempio, nel suo libro intitolato "Petrolio" e nei suoi interventi sulla stampa. In sostanza, Maugeri dice "Il petrolio è ancora abbondante, dunque non ci sono problemi". Questa posizione è abbastanza comune in molti ambienti dell'industria petrolifera e me la ritrovo spesso presentata formalmente o informalmente in varie situazioni e da molteplici figure più o meno ufficiali.

Ora, confrontiamo con la posizione di ASPO, che credo di poter riassumere anche quella in una sola frase senza far torto a nessuno: "il petrolio è ancora abbondante, però ci sono problemi".

Messe così le cose, vedete che quello che poteva sembrare all'inizio un titanico scontro fra abbondantisti e catastrofisti si riduce a una questione molto più limitata. ASPO non ha mai detto che il petrolio sta per finire e ENI o Maugeri non hanno mai detto che il petrolio è infinitamente abbondante. Le risorse petrolifere sono entità reali e chi di questo argomento ha un minimo di conoscenza e di senso critico difficilmente si allontana troppo da certi valori che sono comunemente accettati. Le stime delle riserve fatte dall'ENI, dalla BP, o dalla Shell non sono enormemente diverse da quelle di ASPO.

Certo, non bisogna nemmeno sottovalutare le differenze. Fra i dati di ASPO e, per esempio, quelli del "Cambridge Energy Research Agency" (CERA) c'è una differenza notevole; di un buon 50% in più nelle stime di CERA. Ma anche CERA è un'agenzia nel complesso seria (anche se, a mio parere, parecchio ottimistica in questo caso) che non riesce a stiracchiare la realtà oltre un certo limite. Siamo ben lontani dalla follia di quelli che parlano di petrolio "infinito" e di altri, come Lynch e Adelman, che sparano numeri più o meno a caso.

Alla fine dei conti, in ogni caso, il problema non è contare il numero di barili che, teoricamente, stanno sottoterra e che si potrebbero estrarre, perlomeno in linea di principio. Il punto è un altro: quanti di questi barili ci possiamo permettere di estrarre? Quest'ultima domanda è, ovviamente, correlata a quanto ci costa l'estrazione.

Come ho fatto notare in un post precedente, i dati disponibili indicano che il progressivo esaurimento del petrolio ci sta portando a dover estrarre risorse sempre più costose. Si parla di estrazione da giacimenti che hanno costi anche dell'ordine degli 80 dollari al barile. Allora, non c'è troppo da stupirsi se il petrolio costa oltre cento dollari al barile. Certo, una componente speculativa esiste, ma il prezzo che paghiamo riflette i costi reali di estrazione. Il petrolio che ci rimane da estrarre - pur abbondante - costa molto caro e costerà sempre di più via via che ci muoviamo verso risorse sempre più difficili.

Quindi, il problema che abbiamo di fronte è un problema di costo, non di disponibilità fisica. Non c'è problema a trovare petrolio da aquistare sul mercato mondiale; il problema è che per aquistarlo oggi bisogna pagarlo circa 10 volte di più di quanto non costasse 10 anni fa.

A Maugeri si attribuisce la frase, dal suo libro "L'era del petrolio", "Il petrolio c'è; basta scavare". Sono perfettamente daccordo; il problema è quanto in fondo e con quanta fatica. E, soprattutto, se non si rischia di spezzarsi la schiena!


2 commenti:

Antonio ha detto...

un economista serio mi spiegherebbe perchè il barile sopra i 100 euro è incompatibile con la crescita economica?

Curiosity ha detto...

Ciao mi chiamo anch'io Antonio e per quello che ho studiato di economia ti posso dire che il prezzo di una merce è strettamente legato ai costi di produzione e che se il produttore necessità di incassare più di quanto abbia speso per produrre altrimenti non ha convenienza a produrre e ha convenienza a cessare l'attività.

Praticamente tutto quello che consumiamo è prodotto consumando energia e il 40% dell'energia consumata nel mondo, direttamente o indirettamente, è petrolio.

Se sala il prezzo del petrolio salgono i prezzi di produzione di quasi tutto quindi ci costerà più caro acquistare qualsiasi cosa.

Gli aumenti di questi prezzi abbasseranno il nostro potere d'acquisto con conseguente impoverimento generalizzato.

Inoltre maggiore è la quantità di denaro che spendiamo per consumare minore è la quantità di denaro che investiamo, per investimenti qui si intendono anche il denaro depositato in banca, quello investito in immobili, azioni oltre che naturalmente quello investito in attività imprenditoriali.

Meno investimenti ci sono minore sarà la crescita economica, meno crescita economica vuol dire meno posti di lavoro e posti meno pagati quindi meno consumi quindi circolo vizioso del impoverimento.

Prima che qualche cattolico pauperista faccia l'elogio della semplicità e della povertà ricordo a tutti che anche i generi alimentari sono prodotti e trasportati con l'uso dell'energia e quindi salirebbero di molto anche loro con conseguente aumento della mortalità e ampia diffusione della denutrizione.